L’intreccio mente-corpo
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Fonte: “L’ intreccio mente-corpo” David Lazzari, (2007) in “Mente e Salute”, Franco Angeli
«Siedi nella tua sedia senza muovere un muscolo, stai semplicemente
pensando, e il tuo pensiero ti suscita un sentimento… subito il tuo
pancreas produce alcuni ormoni. Il tuo pancreas? Che cosa c’ entra il
tuo pancreas? Potresti anche non sapere dov’è il pancreas! Ma il tuo
fegato sta producendo un enzima che prima non c’era, la tua milza
sta mandando un messaggio al timo, la pressione del sangue nei piccoli
capillari delle tue caviglie sta cambiando. E tutto questo solo per
un pensiero!»
(Sapolsky, 1998).
1. Una realtà integrata
Il cervello si mostra come “massa critica” in grado di sintetizzare i diversi processi organici per produrre le qualità peculiari delle attività psichiche, plastico aggregato di reti e processi, costantemente collegato con tutto l’organismo e, attraverso il corpo, con l’ambiente esterno. È qui che da una serie enorme di interazioni locali di tipo essenzialmente bio-chimico ed elettrico emergono le attività psicologiche come proprietà globali del sistema, ed emergono, come accade in natura, esibendo e rispondendo a regole di funzionamento proprie e specifiche. Questo dato è coerente con il principio dell’interdipendenza tra le proprietà che la natura assume nelle varie dimensioni che la caratterizzano, La realtà si organizza ampliando costantemente i vincoli di sistema in modo da ampliare i gradi di libertà senza rompere i limiti posti dalle leggi naturali che incidono quindi a ogni livello ma in modo diverso: questo consente di capire che il livello psicologico “trascende” quello biologico (in quanto rappresenta un livello di organizzazione dei viventi) e non ne “prescinde”. Continua..
Il corpo in psicoterapia
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Fonte: ” Il corpo in psicoterapia” Mario Mulè (IV Convegno Allievi COIRAG )
Anche se nessuno di noi può averne ricordo, è pur vero che il nostro primo incontro con il mondo è stato annunciato dal grido e dal pianto.
Ed ancora per molto tempo siamo rimasti senza parola, ma non certamente senza il bisogno e la capacità di comunicare quelle intense emozioni che vivono in ogni bambino. Non avevamo la parola, ma c’era il corpo: braccia da protendere, gambe per sgambettare e poi il riso, il pianto, l’urlo. Si dice che il grido che si fa canto, ma anche il movimento del corpo che diventa danza, abbiano radunato gli uomini quando ancora il logos, il discorso altro non era che un incerto balbettio.
Ecco cosa dice al riguardo E. Saverino: ” …l’intera vita dei popoli più antichi si raccoglie attorno alla rievocazione del grido, cioè attorno al canto; e il canto avvolge i viventi ben più strettamente del calore dei fuochi attorno a cui essi stanno.”
Ma se è vero che il linguaggio del corpo si impone sin dall’inizio e non smette mai di inserirsi, magari clandestinamente, nei nostri scambi con il mondo, dobbiamo anche considerare che cultura e religioni nel tempo gli hanno assegnato spazio e valore assai diversi. Continua..
Corpo e vissuto somatico nella schizofrenia
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Fonte:“Trasformazioni del vissuto somatico nella schizofrenia” C. Moscatello in “Psicopatologia della schizofrenia”, a cura di Rossi Monti
In questo tentativo di avvicinamento, clinico e fenomenologico, al “senso” che riveste l ‘ esperienza della corporeità in psicopatologia il proposito di chi scrive è quello di rendere in qualche modo accessibili a un ascolto partecipe zone inedite, oscure, indicibili dell ‘ esperienza psicopatologica della corporeità.
Come è noto, la psicopatologia e la psichiatria clinica si misurano sempre, di fronte a ogni manifestazione psicotica, con la ineludibile presenza del corpo e con la sua perentoria dignità espressiva. Le modificazioni dell’esperienza del corpo, dalle più ineffabili sensazioni di cambiamento e di depersonalizzazione fino alle più trasfigurate metamorfosi deliranti, ivi compresi gli enigmatici vissuti somatici dell’ipocondria, costituiscono un tema costante e centrale della psicosi. “Il corpo da un lato e il mondo dall’altro -scrive Benedetti (1991) -rappresentano i due grandi palcoscenici su cui l’Io psicotico avverte se stesso.” Continua..
Prendersi cura dei Servizi Psichiatrici
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Fonte: “Prendersi cura dei servizi psichiatrici” Mario Mulè (Seminario sulla legge 180/78 in occasione del suo trentennale Trapani, 09/10/2008)
Erano i primi giorni di giugno, anno 1979. Faceva già un gran caldo.
I due infermieri di turno della II uomini erano seduti all’ombra, sotto un albero di acacia appena fuori dal recinto antistante al padiglione.
Avevano entrambi un camice bianco più da garzone di salumiere che da ospedale, ampiamente sbottonato sul petto.
I ricoverati giravano senza sosta dentro il recinto, alcuni seminudi, altri stranamente coperti da abiti pesanti.
Non si scambiavano una parola, chi parlava lo faceva per conto suo, senza bisogno di interlocutori. Tre di loro giravano più vicini, lanciando sguardi bassi e obliqui verso di noi. Dopo qualche minuto ho potuto capire perché si muovevano in questo modo, quando uno degli infermieri buttò via dentro il recinto la cicca che uno di loro afferrò con scatto felino.
Gli infermieri mi accompagnarono nella stanza ( squallida) del medico. Dissi loro che volevo cominciare a conoscere, uno alla volta, i ricoverati e loro mi portarono un uomo già anziano che si aggirava nel camerone. Continua..
La macchina dell’anima
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Fonte: “La macchina dell’anima” Vito Petruzzellis
Reggio Calabria, 2 giugno 1973
Un antico grande cancello, usurato e sbilenco, che dà in una stradina che si inerpica a mezza collina, superando modeste case del rione Modena, uno strano gruppo di signori e “giovanotti” con un pò di barbe e l’aria attenta e pensosa, che procede discutendo.
A mano a mano che si sale si allarga un cielo terso di giugno, un’arietta frizzante su scorci di panorama verso il mare blu intenso e le coste frastagliate dello stretto di Sicilia; negli occhi ancora immagini di monti, spiagge, imbarchi di traghetti, scie di pescherecci operosi.
E lì, in alto la sagoma dell’edificio centrale verso il quale ci dirigiamo, una costruzione anni ‘30, malandata, di un rosa pallido con i muri scrostati, i tetti a tegole rosse, le inferriate alle finestre. E poi tutt’attorno dei pennoni posticci, lunghi tubi di ferro, lunghe canne, tre, cinque, una decina, forse di più!
Pennoni con ognuno in cima una bandiera rossa a garrire nel vento.
Ci scambiamo con gli altri colleghi del gruppo qualche occhiata interrogativa, con un sorriso che vorrebbe affiorare ma è frenato da una certa inquietudine: una ricorrenza? Una provocazione? Nessuno osa chiedere. Continua..