La formazione nell’ambito psichiatrico-psicoterapeutico
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Fonte : “La formazione in ambito psichiatrico” di Mario Mulè
L’incontro con l’altro, anche quando non “alieno”, non è mai facile. Può anzi risultare impervio e doloroso.
“ Guai se vi affondate come me a considerare questa cosa orribile che fa veramente impazzire: che, se siete accanto ad un altro e gli guardate negli occhi, potete figurarvi come un mendico davanti ad una porta in cui non potrà mai entrare: chi vi entra non sarete mai voi, col vostro mondo dentro, come lo vedete e toccate; ma uno ignoto a voi, come quell’altro nel suo mondo impenetrabile vi vede e vi tocca”.
Chi dice queste cose è Luigi Pirandello, uno specialista dello smascheramento.
E, come se questo non bastasse, il “ mendico” più o meno alieno che bussa alla porta di un servizio di salute mentale oppure alla porta del nostro studio, può essere circondato da un alone di malessere, di negatività, di inquietudine, a volte immediatamente percepibile, a volte ben nascosto in attesa di qualcuno capace di ascoltare.
Ognuno ha il suo fardello. Ed ogni “ categoria diagnostica” ne porta qualcuno di volume e peso eccessivo, troppo ingombrante e troppo pesante per riuscire a reggerlo da solo, e perciò vorrebbe depositarlo dove c’è uno spazio che possa accoglierlo; e sappiamo bene che questo spazio, ci piaccia o meno, non può che essere la nostra mente.
L’ansioso ci porta la paura, a volte il terrore ( il panico ) che lo insegue minaccioso, che sta in agguato pronto a colpire con sprofondamenti nell’angoscia per una morte che sembra già arrivata o per la follia che si sta impadronendo della sua mente.
L’ossessivo ci porta il dubbio divorante, l’incertezza, lo smarrimento paralizzante laddove c’è da decidere, anche se a volte si tratta di decidere quale marca di pelati scegliere tra le tante dello scaffale del supermercato.
Il depresso trasuda di colpa, di indegnità, di disperazione. Ha perso il futuro e la speranza, non c’è più progetto, ma solo rovine irreparabili e presenze ormai incapaci di trasmettere un senso di vita perché anche loro sentite coinvolte nel disastro definitivo, in cui egli stesso crede di averle trascinate.
E poi ci sono i “ border” con i loro vuoti incolmabili e la rabbia straripante, ed i tossici e le anoressiche e le vittime di abusi e tanti altri ancora.
Ma soprattutto ci sono loro, i matti, ormai di proprietà quasi esclusiva degli psichiatri e degli infermieri dei servizi pubblici o delle comunità terapeutiche pubbliche o convenzionate.
Cosa portano i matti nel loro fardello? Che effetto hanno su di noi? Continua..
Note introduttive ai DCA
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Fonte : “Note introduttive ai DCA” di Mario Mulè
Per descrivere i disturbi dell’alimentazione è stata utilizzata la metafora del quadrivio, di un luogo in cui convergono strade e direzioni diverse.
In effetti in questi disturbi tanti aspetti della condizione umana si ritrovano coinvolti: c’è il corpo, con la sua fisiologia e la sua fisiopatologia; c’è la mente e la psicopatologia. Incontriamo spesso l’adolescenza, a sua volta momento di snodo tra infanzia e vita adulta.
E c’è ancora molto altro: la presenza di questi disturbi nel nostro mondo c.d. occidentale e la loro assenza in altre regioni del pianeta chiama in causa le culture di appartenenza, e con esse altre scienze umane quali l’antropologia, l’economia, l’etnopsichiatria. Ed ancora, la netta prevalenza nel genere femminile ci interroga sul ruolo della donna e sulla sua evoluzione in questi ultimi decenni.
E poi, soprattutto, vi sono le storie, tante storie a volte raccontate, più spesso tenacemente nascoste dentro una sintomatologia saturante e pervasiva.
A guardare bene, più che un incrocio sembra un groviglio, che certamente non è facile “ sgrovigliare”.
Si può provare tuttavia a seguire alcuni fili, nel tentativo di dipanare in qualche misura la matassa.
Cominciamo con il corpo. Continua..
Psicoterapia di Comunità
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Fonte: “Psicoterapia di Comunità. Clinica della partecipazione e politiche di Salute mentale” Edizioni FrancoAngeli, 2010 Raffaele Barone, Vincenzo Bellia, Simone Bruschetta
Questo volume tocca argomenti non proprio nuovissimi: la psichiatria territoriale, il lavoro di rete, la psicoterapia nei servizi e altrove, la residenzialità psichiatrica, l’inclusione sociale, il reinserimento occupazionale, la riabilitazione e via dicendo. È pur vero che sono questioni assai rilevanti dal punto di vista delle pratiche clinico-assistenziali: un altro libro che se ne occupi, perciò, forse non è del tutto fuori luogo, a condizione che il testo sia supportato da un dignitoso retroterra teorico e che sia sottoposto a una convincente operazione di lifting. Male che vada, finirà in mano a qualche centinaio di studenti, a qualche dozzina di colleghi e, per un paio d’anni, farà capolino sulle bibliografie di altri libri consimili.
Questo libro ha impostazione teorico-pratica, perciò nelle pagine che seguono parleremo di una serie di cose e discuteremo di alcune idee. C’è da fare un’osservazione preliminare, però: ci ha sempre colpito il fatto che il pensiero psicologico-clinico, pur in continua evoluzione, abbia prodotto una trasformazione solo trascurabile delle tradizionali pratiche psichiatriche, pur sottoposte a un continuo e severo vaglio critico. Parallelamente, le esperienze innovative realizzate in questi anni nell’arcipelago della salute mentale non sembrano aver innescato un significativo cambiamento delle teorie di riferimento, talché il discorso psichiatrico mantiene sostanzialmente l’intelaiatura dei modelli psicologico-clinici tradizionali. Continua..
Gruppoanalisi e Comunità Terapeutica
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Fonte : “Gruppoanalisi e Comunità Terapeutica. Uno strumento di lavoro basato su supervisione, valutazione e ricerca” Edizioni FrancoAngeli, 2010 Raffaele Barone, Simone Bruschetta, Serena Giunta
L’intento di fondo che ci ha guidato nella redazione di questo libro è stato quello di fornire degli orientamenti teorici ed empirici sul dispositivo della Comunità Terapeutica intesa gruppoanaliticamente come setting specifico per la cura dei casi gravi orientato alla guarigione. Ma anche di presentare la metodologia e l’epistemologia gruppale nelle sue varie modalità operative ed applicazioni cliniche, con particolare riferimento ad aspetti ed esperienze terapeutico-analitiche (osservazioni in gruppo, carte di rete, gruppi terapeutici e gruppi di supervisione) effettuate ed osservate direttamente sul campo.
Sulla base di tali esperienze intendiamo contribuire alla riflessione scientifica e culturale sul contributo che le Comunità Terapeutiche hanno dato e possono ancora dare all’idea di una guarigione dalla grave patologia mentale; oggi intesa come reale obiettivo terapeutico secondo i più recenti orientamenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Consideriamo infatti parte integrante della nostra pratica clinica la tensione etica verso una guarigione dalla patologia mentale che segua la definizione di Salute Mentale data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sin dal 2001, nel rapporto intitolato: Nuova visione, nuove speranze.
“La salute mentale è uno stato di benessere nel quale il singolo è consapevole delle proprie capacità, sa affrontare le normali difficoltà della vita, sa lavorare in modo utile e produttivo ed è in grado di apportare un contributo alla propria comunità”.
Agorafobia: aperture al superamento di confini teorico-tecnici
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Fonte: Agorafobia: aperture al superamento di confini teorico-tecnici, di R. Aurora Mineo
Nel trattamento dei disturbi d’ansia, il clinico trova di frequente, nell’accogliere il paziente, l’emergenza del sintomo come dimensione prevalente che può arrivare ad occupare tutto – o quasi – lo spazio del pensabile. Nel disturbo da attacchi di panico – ad esempio – può essere la paura del successivo episodio, vissuto come catastrofico, nell’agorafobia può essere la continua preoccupazione per tutte le situazioni che si “devono” evitare, lo sforzo per tenere a bada gli aspetti prevedibili e imprevedibili di ogni situazione.
Per il terapeuta ciò si può tradurre nella difficoltà a creare un’alleanza terapeutica se non prendendosi cura adeguatamente e direttamente del sintomo.
Nel lavoro clinico che presenterò l’applicazione di un modello “misto”, integrato (cognitivo-comportamentale, analitico-transazionale e sullo sfondo psicodinamico, per il lavoro sul transfert e i riferimenti alla teoria dell’attaccamento) viene concepita nella strategia terapeutica come risposta possibile ad una “emergenza sintomatica”. Trattare tale emergenza consente di passare poi ad un lavoro più profondo sui modelli operativi, veicolato attraverso la relazione terapeutica e l’analisi degli schemi relazionali per dare significato al sintomo ed al nuovo percorso evolutivo iniziato in terapia.
Vediamo innanzitutto il caso, per passare all’interpretazione clinica dei dati ed alla strategia di trattamento.