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Compiti e metodo della Psichiatria nell’attuale periodo storico
Pubblicato da redazione
Autore: Dott. Mario Mulè
Care colleghe e cari colleghi,
Nei decenni appena trascorsi, la psichiatria (soprattutto in Italia ma anche in altre parti del mondo) è stata impegnata nel confronto con il superamento degli Ospedali Psichiatrici e in una sua rifondazione nel pensiero e nella prassi.
Il cambiamento è ancora in corso e l’esito piuttosto incerto; e non è superfluo riflettere ancora su quanto è successo in questi anni.
Il trascorrere del tempo cambia lo scenario in cui siamo chiamati ad operare e ci pone nuove domande. Le domande possono essere molto diverse. Da parte mia mi limito ad indicare alcune questioni che a me sembrano prioritarie:
- Metto al primo posto lo sviluppo di consapevolezza e di capacità di gestione di quella quota DEMENS (per dirla con E. Morin) così presente ed attiva in ognuno di noi. (1)
- Considero poi necessaria l’acquisizione di una vera consapevolezza dei pericoli potenzialmente letali che stiamo arrecando al pianeta Terra. (2)
- La consapevolezza (e non soltanto una conoscenza puramente razionale) penso debba riferirsi alla necessità, per la stessa sopravvivenza della specie umana, dello sviluppo di rapporti sociali cooperativi e non discriminanti. (3)
E’ evidente che quanto detto porti necessariamente a delle modifiche nell’impegno lavorativo.
- Penso che sia necessario privilegiare gli interventi e le pratiche gruppali, perché meglio si prestano a coltivare l’accoglienza dell’altro (anche del “diverso”) e la non discriminazione.
- E’ opportuno privilegiare programmi operativi finalizzati a favorire rapporti collaborativi e di ascolto profondo tra genitori e figli, soprattutto nei primi anni di vita della prole.
- Mi sembra saggio limitare nella professione l’uso di psicofarmaci, a causa dell’incertezza che caratterizza la conoscenza dei fattori biologici sottostanti, riservando il loro utilizzo alle patologie gravi di tipo psicotico.
- Rimane tuttavia la convinzione di potere essere utile laddove vengano richieste “consulenze”, dove lo scopo dell’incontro sia la comprensione del significato della sofferenza, prima di decidere il modo di affrontarla con un coerente progetto terapeutico.
- Il modo di lavorare può attingere a fonti che possono appartenere a teorizzazioni ed a contributi diversi, piuttosto che a singole scuole. Inoltre è utile fare riferimento ad alcune tradizioni spirituali sia “ occidentali” che “orientali” che per secoli hanno indagato il funzionamento della mente umana.
Provo a riassumere e a ribadire ulteriormente il senso della mia proposta:
a mio parere l’affermarsi e il dominare della globalizzazione in questi ultimi anni ci spingono ad allargare lo sguardo, non limitandolo soltanto alla sofferenza individuale.
E’ necessario che si sviluppi una vera consapevolezza della modalità predatoria che caratterizza oggi il rapporto con Madre Terra, e che rischia di distruggere la vita e la nostra stessa specie.
Ed è altrettanto indispensabile rendersi conto della necessità di promuovere e sviluppare nell’umanità la capacità di convivenza e cooperazione, rispettando la diversità e riconoscendole come ricchezza.
Ritengo che la Psichiatria (e la Salute Mentale, oggi assai trascurata) possano e debbano occuparsi di tali condizioni che causano sofferenza a più livelli, nella società, nell’ambiente e in ognuno di noi.
NOTE
1)E’ la sfida lanciata da E.Morin nel saggio dal titolo “ Svegliamoci” Mimesis 2022.
2) Una riflessione convincente e profonda su questo tema si può trovare nel libro che raccoglie il pensiero di Thich Nhat Hanh: “Lo zen e l’arte di salvare il pianeta”. Garzanti 2022.
3) L’importanza della cooperazione è stata studiata, relativamente all’ambito clinico, da G.Liotti. Lo sfondo teorico è costituito dalla teoria cognitivo-evoluzionista. Molte considerazioni tuttavia
possono essere estese oltre l’ambito specifico. Vedi “I sistemi motivazionali nel dialogo clinico”. Raffaello Cortina Editore 2008.
Riflessioni sui tempi del Coronavirus
Pubblicato da redazione
Autore: Mario Mulè
Caro Augusto,
ho letto ciò che hai scritto in merito a quanto stiamo vivendo in questi giorni. Mi riferisco al tuo articolo “ Pandemia e altre calamità: un ‘peccato’ tutto moderno”. (www.augustocavadi.com)
Mi piace aggiungere qualche mia riflessione alle tue.
Mi considero autorizzato ad intervenire perché conosco la tua disponibilità all’ascolto di “ non filosofi”, quale io sono; tante volte l’ho sperimentato negli incontri avuti in questi anni con te, con Orlando Franceschelli, Alberto Biuso e tanti altri eminenti “ filosofi di strada”.
D’accordo con te sulla improponibilità del peccato originale come giustificazione e spiegazione di questo e di altri eventi catastrofici che hanno colpito l’umanità nel corso dei secoli.
D’accordo anche con l’opportunità di non liquidare superficialmente e sbrigativamente il mito del peccato originale, cercando invece di cogliere il senso cui la metafora allude.
La lettura che io preferisco è quella che ci ha fornito E. Fromm, che ha scritto: “Se una volta l’uomo nel Paradiso ha mangiato dall’albero della conoscenza, non può più fare ritorno all’unità primigenia…essere nel mondo senza fratture, senza il sentimento di estraneità: questa unità non può essere ristabilita…Eppure esiste la possibilità che l’uomo, sviluppando la propria ragione e la propria capacità di amare, riesca a ricostruire una nuova unità con il mondo, seppure diversa.”
Il mito, a parere di Fromm, ci parla dell’emergere della coscienza. Un dono immenso, ma non privo di “effetti collaterali”, dal momento che ci rende consapevoli di essere mortali, soggetti a malattie e altre sofferenze, a volte impotenti nei confronti del nostro destino.
Ma perché poi la disubbidienza è un peccato così grave e imperdonabile, da scontare “ nei secoli dei secoli?”
Forse ci parla di un mondo patriarcale, dove l’ubbidienza era uno dei primi comandamenti: non solo veniva comandato “Onora il padre e la madre”, De Andrè aggiunge “anche il loro bastone”. C’era anche l’imperativo di una ubbidienza assoluta, senza eccezioni: Abramo doveva ubbidire anche quando gli veniva chiesto da Dio di commettere il crimine più orrendo, di sacrificare il proprio figlio Isacco.
Ma disubbidire, ovvero trasgredire, può assumere oggi tutt’altro significato. Basta inserire un trattino tra trans e gredire; avremo allora l’invito a trans-gredire, ad andare oltre, a cercare , a conoscere.
Ma mettiamo da parte la metafora che, in quanto tale, si presta a molte altre interpretazioni e torniamo a questi nostri giorni.
Sto seduto nella verandina di casa mia, con vista sul giardinetto e guardo le piante di gerani: quanti colori, quante sfumature e combinazioni, un vero piacere per gli occhi. E poi garofani fuxia, gialli, porpora e più in là nel giardino condominiale, grandi alberi che si muovono al vento. Ma anche tanti animali, lucertole, uccelli, insetti…In questo piccolo lembo di città quante forme di vita!
Frutto dell’evoluzione, delle tante mutazioni che hanno inventato innumerevoli forme di vita, alcune delle quali hanno avuto la sorte di incontrare l’ambiente favorevole per espandersi e riprodursi.
Ed io che sto guardando e sto pensando? Sono anch’io il frutto di una evoluzione?
Sembra proprio che sia così. Un autorevole studioso ( Michael Tomasello ) “ha argomentato in maniera assai convincente che un singolo adattamento darwiniano…deve avere aperto la strada che conduce dalla evoluzione biologica alla evoluzione culturale tipica della specie umana, connessa alla capacità ( esclusivamente umana ) di percepire l’altro come simile a sé nell’intenzionalità” (G.Liotti ).
Da questo adattamento darwiniano si è poi sviluppata la coscienza che consente di definire la nostra specie come Homo sapiens sapiens.
Quindi che sa di sapere, ma che ancora non sa quali siano i correlati biologici della coscienza!
Dunque le mutazioni sono continue, numerose, sotto gli occhi di tutti. A volte ci gratificano, come hanno fatto i fiori per me, ma ricordiamoci anche che la natura è “dell’uomo ignara e delle etadi” (Leopardi), che opera al di fuori della moralità e quindi non ha senso attribuirle finalità.
Perché mutano anche i batteri, diventando resistenti agli antibiotici, mutano anche i virus; e qualcuno di essi trova come habitat ideale il corpo umano per riprodursi e moltiplicarsi.
Niente di strano, niente di eccezionale: è la natura, è la vita.
Hanno detto che il virus è “ scappato” da un laboratorio cinese. Può essere solo una manovra propagandistica, visto il personaggio che l’ha diffusa, non potremo certo verificarlo. Possiamo però utilizzarla come una metafora, perfetta nel descrivere l’uomo “apprendista stregone”, adoratore della tecnica che può rivoltarsi contro di lui.
Comunque ormai il virus è tra di noi. E’ il nostro “nemico”, cui dobbiamo fare “guerra”.
L’uso di questi termini mi preoccupa. Temo che possa essere un linguaggio che esprime un modo di essere e di pensare in cui ci sono “ nemici”, “noi” contro di “loro”. Spero di sbagliarmi ma mi lascia inquieto.
Sento spesso fare la domanda “agli esperti” su cosa ci lascerà questa esperienza: nell’economia, nella vita sociale, nel nostro futuro. Molti pensano che non sarà più come prima.
Ma abbiamo mai avuto la capacità di leggere il futuro? Forse è più saggio cercare di capire cosa ci sta succedendo oggi, di porci qualche domanda, di guardare dentro ed attorno a noi.
Una prima domanda ( di ispirazione evoluzionista) potrebbe essere la seguente:
Se il covid 19 viene percepito come pericolo per la nostra stessa vita, come minaccia di morte, è inevitabile che attivi il nostro sistema di allarme, molto attento e potente ( ha circa 500 milioni di anni, è nato con i rettili ed è presente nel nostro cervello rettiliano). Con quali conseguenze?
Che emozioni, che pensieri, che comportamenti mette in azione dentro di noi?
Un’altra domanda possibile: le forti limitazioni della vita sociale, così fondamentale nell’esistenza umana dove l’intersoggettività è costitutiva e sta alla base della nostra stessa fondazione umana, che effetto stanno avendo sulla qualità della nostra vita? I rapporti per via telematica possono essere sostitutivi di incontri in carne ed ossa ?
Ed ancora: le restrizioni imposte dal virus hanno interrotto bruscamente modalità di funzionamento automatizzate, hanno messo in crisi ruoli predefiniti, ci hanno costretto ad interrompere una vita imperniata sul “ fare” più che sull’ “ essere”.
Come stiamo reagendo a tutto questo?
Porci qualche domanda, cercando di essere curiosi e consapevoli, guardando a noi stessi ed agli altri forse potrebbe farci bene.
Vorrei fare ancora qualche riflessione.
Anche in questo evento, come è già successo dopo altri grandi disastri, vediamo fiorire iniziative ispirate ad empatia, altruismo, solidarietà. Molti studiosi stanno lavorando alacremente ed in modo cooperativo per offrire cure efficaci a questa umanità spaventata e smarrita; senza barriere nazionali, senza obiettivi di lucro, quasi a testimoniare che l’affermazione della antropologia evoluzionista che ha definito la specie umana “ipersociale” abbia colto nel segno.
Sono sentimenti e comportamenti che testimoniano di capacità umane fondamentali, forse quelle su cui puntare per scongiurare altre catastrofi, certo più gravi, che possono realizzarsi con la complicità dell’uomo.
Le neuroscienze ci confermano quello che antiche sapienze avevano già capito e cioè che queste qualità possono essere coltivate e sviluppate, che la mente può guidare il cervello, che certi stati ( per es. la compassione ) se coltivati possono diventare tratti durevoli, aspetti stabili della nostra personalità.
La formazione nell’ambito psichiatrico-psicoterapeutico
Pubblicato da redazione
Fonte : “La formazione in ambito psichiatrico” di Mario Mulè
L’incontro con l’altro, anche quando non “alieno”, non è mai facile. Può anzi risultare impervio e doloroso.
“ Guai se vi affondate come me a considerare questa cosa orribile che fa veramente impazzire: che, se siete accanto ad un altro e gli guardate negli occhi, potete figurarvi come un mendico davanti ad una porta in cui non potrà mai entrare: chi vi entra non sarete mai voi, col vostro mondo dentro, come lo vedete e toccate; ma uno ignoto a voi, come quell’altro nel suo mondo impenetrabile vi vede e vi tocca”.
Chi dice queste cose è Luigi Pirandello, uno specialista dello smascheramento.
E, come se questo non bastasse, il “ mendico” più o meno alieno che bussa alla porta di un servizio di salute mentale oppure alla porta del nostro studio, può essere circondato da un alone di malessere, di negatività, di inquietudine, a volte immediatamente percepibile, a volte ben nascosto in attesa di qualcuno capace di ascoltare.
Ognuno ha il suo fardello. Ed ogni “ categoria diagnostica” ne porta qualcuno di volume e peso eccessivo, troppo ingombrante e troppo pesante per riuscire a reggerlo da solo, e perciò vorrebbe depositarlo dove c’è uno spazio che possa accoglierlo; e sappiamo bene che questo spazio, ci piaccia o meno, non può che essere la nostra mente.
L’ansioso ci porta la paura, a volte il terrore ( il panico ) che lo insegue minaccioso, che sta in agguato pronto a colpire con sprofondamenti nell’angoscia per una morte che sembra già arrivata o per la follia che si sta impadronendo della sua mente.
L’ossessivo ci porta il dubbio divorante, l’incertezza, lo smarrimento paralizzante laddove c’è da decidere, anche se a volte si tratta di decidere quale marca di pelati scegliere tra le tante dello scaffale del supermercato.
Il depresso trasuda di colpa, di indegnità, di disperazione. Ha perso il futuro e la speranza, non c’è più progetto, ma solo rovine irreparabili e presenze ormai incapaci di trasmettere un senso di vita perché anche loro sentite coinvolte nel disastro definitivo, in cui egli stesso crede di averle trascinate.
E poi ci sono i “ border” con i loro vuoti incolmabili e la rabbia straripante, ed i tossici e le anoressiche e le vittime di abusi e tanti altri ancora.
Ma soprattutto ci sono loro, i matti, ormai di proprietà quasi esclusiva degli psichiatri e degli infermieri dei servizi pubblici o delle comunità terapeutiche pubbliche o convenzionate.
Cosa portano i matti nel loro fardello? Che effetto hanno su di noi? Continua..
La Psicoterapia e la Comunità
Pubblicato da redazione
Fonte : “ La psicoterapia e la Comunità” di Mario Mulè, intervento alla tavola rotonda di Acitrezza 5-Dicembre-2008
Voglio introdurre il mio intervento ricordando quanto ci raccomandava negli incontri di formazione Armando Bauleo, recentemente scomparso, per tributare un doveroso omaggio alla sua intelligenza, alla sua vitalità, alla sua generosità. Bauleo, di fronte alla persona che incontriamo nell’ambulatorio o nel nostro studio, ci raccomandava di chiederci: “ Di quale comunità questa persona è rappresentante, di quale realtà sociale è ambasciatrice?” Era un invito che riproponeva una condizione ineludibile per gli esseri umani e cioè la presenza in ognuno di noi di dicotomie esistenziali, di contraddizioni inevitabili tra le quali vi è certamente quella delle esigenze tra di loro conflittuali di unicità e di appartenenza. Quanto nella nostra identità è veramente nostro e quanto appartiene alla famiglia ed alla comunità? Continua..
Etica e Psicoterapia: paradosso o vincolo?
Pubblicato da redazione
Fonte: “Etica e Psicoterapia paradosso o vincolo? un percorso per la clinica ” Corrado Pontalti
1. Forse non è a tutti noto che del Giuramento di Ippocrate vi sono due versioni: Giuramento antico e Giuramento moderno. La differenza più rilevante appare nelle prime righe dei testi che riporto. Giuramento antico: “Giuro, per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dei tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto … ”. Giuramento moderno: “Giuro di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento, di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale”. Il Giuramento di Ippocrate è da sempre posto come fondamento e bussola delle professioni sanitarie, quindi deve intrigare anche gli psicologi clinici e gli psicoterapeuti. Continua..