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Il Disturbo Narcisitico di Personalità: la malattia della grande vita

Fonte: “I disturbi di personalità. Modelli e trattamento” a cura di Giancarlo Dimaggio e Antonio Semerari, Editori Laterza Capitolo di: GiancarloDimaggio, Daniela Petrilli, Donatella Fiore e Serena Mancioppi

Provate a immaginare di essere un pianista. Non semplicemente un grande pianista, ma un talento raro, una promessa, un genio dello strumento. Avete un amico altrettanto virtuoso, compagno di Accademia, e per entrambi si prospetta un futuro pieno di promesse. Un giorno state camminando lungo il corridoio e sentite provenire dalla stanza attigua sonorità mai udite prima, che sembrano non appartenere a questo mondo. Varcate la soglia, cogliete un uomo nell’atto di esercitarsi e provate una percezione immediata, indiscutibile, immanente: state ascoltando il più grande genio del secolo. E voi, dotati di raro talento, realizzate che a pochi metri di distanza, curvo sul pianoforte, l’orecchio accostato alle corde, siede il vostro limite insuperabile, l’ideale di perfezione che si è incarnato, chiaramente e una volta per tutte, ma non in voi: Glenn Gould. Vi sentite sconfitti, in modo definitivo e inappellabile. Questa è la storia del Soccombente di Thomas Bernhard: due pianisti di enorme talento si ritrovano spalla a spalla con quello che sanno essere il più grande genio esistente. Per entrambi non ci sarà possibilità di scelta: uno, la voce narrante, abbandona il pianoforte e diventa un cultore della musica pensata; l’altro, Wertheimer, il soccombente, si annienterà nella ricerca dell’interpretazione impossibile, che sia paragonabile a quella immacolata, raffinata ossessione delle Variazioni Goldberg di Glenn Gould. Sempre più chiuso in se stesso, cupo e oppresso dalla sorella, Wertheimer finirà per sprofondare nel suo tragico destino. Immaginiamo, con McAdams (1997), che ogni personaggio di una narrazione rappresenti uno stato mentale (Horowitz, 1991b), una faccia del sé di un individuo. Glenn Gould incarna lo stato grandioso. Vive distante, inaccessibile, in un mondo di perfezione, aureo, alla ricerca inesauribile (ma nel suo caso-felice) di cieli sempre più cristallini. Dopo pochi anni smette di dare concerti, si ritira in uno studio di registrazione, una torre d’avorio lontana, compatta, la cui chiave di entrata è stata gettata via. Wertheimer, il soccombente, è lo specchio deforme, lo stato depressivo, la sconfitta eterna. Chiuso nel buio di una casa, le finestre serrate, la polvere si accumula, respira la solitudine,e il tanfo stagnante che emana la morte quando aleggia paziente. La meta di vita per entrambi è unica: ascendere alla perfezione artistica; la scala di valori chiara, precisa come le oscillazioni del quarzo, le alternative assenti. Il piacere della compagnia, l’amore: motivazioni pigolanti che grattano sulla scorza dei due e vengono lasciate fuori senza esitare. La transizione tra i due stati segue una legge: riuscire nello scopo apre i cancelli del:paradiso, fallire getta nell’abisso. In questa storia troviamo condensati alcuni elementi distintivi del’Disturbo Narcisistico di Personalità, ma non tutti. Qual è, ampliando l’angolo dello sguardo, il prototipo del disturbo? Come riconoscere una personalità narcisistica nella clinica? Le fantasie di grandezza, come sottolineato dal DSM, sono un aspetto importante. I pazienti di solito le esprimono con un certo garbo: velatamente fanno capire che i loro talenti, interessi sono speciali, le loro qualità eccezionali e sottostimate. Spesso proprio dalla descrizione di una mancata conferma sociale il clinico ricostruisce l’autoimmagine grandiosa. Ma non ci si inganni. La diagnosi di Disturbo Narcisistico di Personalità non è così semplice. Se il clinico si aspetta una persona che entra nello studio e proclama «io sono il migliore di tutti», bene, le cose non vanno così. È molto più facile che il paziente presenti una vaga insoddisfazione, sintomi ansiosi o ipocondriaci trattati con distacco (Kohut, 1971), quasi una fastidiosa incrinatura in un sistema di vita altrimenti privo di graffi. Nel racconto la causa dei fastidi è tipicamente esterna: colleghi incapaci, amanti indecisi, familiari noiosi saranno supposta causa del problema. Lo stato di presentazione è frequentemente quello di distacco altezzoso. I pazienti portano la torre d’avorio in terapia e tengono il clinico fuori dai cancelli. Si trovano di preferenza nello stato che Modell (1984) chiama di «non relazione»; l’autore descrive i pazienti in seduta come «chiusi in un bozzolo». I clinici sottolineano la centralità in questi pazienti di esperienze di frammentazione, vergogna (Kohut, 1971, 1977; Zaslav, 1998), terrore primordiale, di senso di colpa edipico e del sopravvissuto (Modell, 1984), di separatezza., esclusione dal gruppo e diversità primaria (Beck, Freeman eta!., 1990; Millon, Davis et al., 1996). I narcisisti sperimentano davvero questi affetti, ma è difficile che ne parlino durante i primi colloqui (Wertheimer, ombra di Gould, non appare subito). È tipico che l’immagine di sé debole, sofferente sia giudicata negativamente dal paziente stesso.l’ aspettativa implicita è che chi è debole è sottomesso, chi chiede aiuto diventa schiavo ,(Modell, 1984; Peyton, Safran, 1998). Chi, in possesso di tale convinzione, mostrerebbe la ferita a uno sconosciuto, anche se questi si fregia del titolo di psicoterapeuta? La sensazione più frequente che il clinico prova durante-le prime sedute, specie se inesperto del disturbo, è di lontananza, disorientamento, esclusione dalla conversazione: «Perché questa persona è venuta nel mio Studio epe r. quale problema?». non sentirsi ter.apeuta è un classico segnale controtransferale.Causa di tale reazione è in gran parte il disturbo della funzione di identificazione delle emozioni, pervasivo in questi pazienti, unito alla sfiducia di base nelle capacità degli altri di fornire cure e attenzioni richieste.L’altro è rappresentato come dominante o disinteressato.~ I narcisisti hanno, quindi, scarso accesso ad alcuni stati interni, in particolare le emozioni legate all’attivazione del sistema di attaccamento e i desideri non integrati nell’immagine grandiosa di sé. Sperimentare fragilità, bisogno di protezione, fatica, debolezza, è rischioso e indicibile (Jellema, 2000;Modell, 1984). Ammettere il desiderio di una serata danzante, a meno che il soggetto miri a diventare un grande ballerino, nòn”è concesso. Mancando l’accesso a queste emozioni e ai desideri, il discorso dei narcisisti è teorico, astratto, procede per riferimenti a principi e valori generali (Akhtar, Thomson, ‘1982; Dimaggio, Semerari, Falcone, Nicolò, Carcione, Procacci, 2002). I problemi vengono formulati in termini di giusto/sbagliato, le azioni degli altri valutate in assenza di una Teoria della Mente articolata «<agisce così perché è mosso da…»), l’obiettivo è decidere se cadono dentro la norma che il soggetto stesso ha fissato (Dimaggio, Semerari, 2001a). Dove non costruiscono teorie, i narcisisti raccontano fatti, sequenze di avvenimenti. Gloria,32 anni, durante la prima seduta esordisce così, con un sorriso enigmatico: “il mio problema è che conto fino a-otto. Uno, due, tre, quattro.,. e poi ricomincio. Quando sto in mezzo alla gente». Il terapeuta è sconcertato. Deve affrontare una psicosi, un disturbo ossessivo compulsivo? Niente di tutto questo: Dopo ripetute domande Gloria concede spiegazioni: sente un tale senso di noia, irrequietezza, incapacità di coinvolgersi in una conversazione interessante,che in ogni occasione sociale conta mentalmente fino a otto a ripetizione per rendere il tempo che passa meno insopportabile. il disprezzo è malcelato: pochissimi meritano di essere ascoltati. In questo panorama desolante l’azione dei narcisisti non è guidata da desideri egosintonici, leggeri, ma da valori, dalla ricerca di stati superiori di”,perfezione. Tanto è irrinunciabile il perseguimento di questi scopi, tanto il soggetto ne è schiacciato, oppresso. La nota- che appare nella conversazione mentre raccontano dei loro obiettivi, degli sforzi compiuti per conseguirli,è metallica. Per dirla semplice, la gioia di un bambino che mangia il primo gelato dell’estate non ha niente a che vedere con la dichiarata soddisfazione di un narcisista che ha raggiunto lo scopo fissato. E anche la delusione è di altra qualità. Il bambino chiuso in casa dalla pioggia è triste e sconsolato, il narcisista ostacolato è rabbioso e rivendicativo. L’atmosfera della seduta varia dall’idealizzazione reciproca (Kohut, 1971),al clima di sfiducia o di sfida, in cui il paziente mette.in dubbio le capacità del terapeuta l’efficacia o l’utilità della psicoterapia (vedi Gabbard 1998; Kernberg, 1975, 1998; Modell 1984; Ornstein, 1998; Peyton, Safran, 1998). Il terapeuta può sentirsi,speciale in un’ora e la seduta dopo incapace, annoiato.

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