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Lettera ai colleghi

di Mario Mulè

Avevo deciso di smettere di lavorare. Con la mia pensione posso vivere decentemente e già da tempo la professione  non era più  una fonte di reddito. Ma ora che siamo a ottobre ho cambiato idea. Non solo perché non ho trovato attività  attraenti, ma soprattutto  perché il lavoro di psichiatra (e di psicoterapeuta) non è  facilmente sostituibile. 

Cosa può essere più  interessante di una persona, quando si riesce a conoscerla veramente nel suo mondo interno? 

Senza considerare che la nostra è  una professione  di aiuto, anche se il nostro aiuto non sempre risulta efficace.efficace..

Così ho deciso di continuare  a lavorare,  almeno fino a quando le mie condizioni  psico-fisiche lo consentiranno..

Sto comunicando la mia decisione ai colleghi perché  per me il lavoro ( a volte faticoso e usurante) è  ciò  che ha dato senso alla mia vita, e poi non so fare molto altro. Quindi chiedo ai colleghi di ricordarsi che c’è  qualcuno disposto a ” curare” anche quelle persone bisognose e motivate che non hanno risorse economiche. Mi riferisco quindi a persone realmente bisognose e desiderose di crescita personale che non trovano spazi adeguati nei servizi pubblici così  affollati e sofferenti.

Infine, un’ultima  riflessione: stiamo vivendo un periodo della storia umana in cui si è  smarrita la solidarietà ,  così  necessaria per la nostra stessa sopravvivenza. Allora chi può  esercitare, deve metterla in pratica  per quanto è  possibile e pur essendo consapevoli che non sarà la nostra  azione così limitata a dare una direzione ” evoluta” a questa umanità. 

Vi ringrazio e vi saluto affettuosamente. 

Mario Mulé

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