Archivio per Aprile, 2013
Disagio giovanile e Comunità
Pubblicato da redazione
Fonte: “Disagio giovanile e Comunità” di Mario Mulè (Catania, 01.12.2010)
Dobbiamo ammetterlo: quando il nostro sguardo di operatori e di studiosi della psiche si allontana dall’individuo e dalla famiglia; quando tenta di scrutare oltre il piccolo gruppo, si rivela offuscato, appannato. Potremmo anche dire, utilizzando una metafora, che soffriamo di miopia e perciò la vista di scenari ampi e complessi si rivela incerta, confusa.
Il patrimonio di conoscenze che si è accumulato in quest’ultimo secolo con il lavoro di Freud e della psicoanalisi e negli anni successivi con i contributi della terapia familiare, della cognitivo comportamentale, delle stesse neuroscienze hanno ampliato certamente l’esplorazione del soggetto e della sua vita mentale quale si sviluppa e si realizza nei contesti intrapsichici ed interpersonali, ma solo raramente sono stati offerti squarci di luce che illuminassero le fitte correlazioni e direi anche le matrici costitutive che lo legano al sociale e che fin dal momento della nascita fondano il soggetto, promuovendone la salute o provocandone limitazioni e sofferenza.
Nella storia dell’uomo altri hanno tentato di assolvere a tale funzione: e sono stati i filosofi, i tragici greci, le religioni, i profeti.
Ma chi erano i profeti? Contrariamente al senso che comunemente si dà a questo termine, profeta non è colui che prevede il futuro, non è l’indovino che annuncia gli eventi che incombono su una comunità. Il profeta è colui che guarda al presente dell’uomo, scruta il senso del suo vivere e la sua parola ci parla del vivere bene e del vivere male, del “ben-essere” e del “ mal-essere”.
Umberto Galimberti, quando scrive “ L’ospite inquietante”, si pone come un profeta, Erich Fromm è stato tenacemente profetico per tutta la sua vita non solo scrivendo libri ma accettando di parlare in una serie di conversazioni radiofoniche rivolte al popolo tedesco su tematiche attuali e drammatiche quali il nazismo, la distruttività umana, il dominio del superfluo, etc.
Profetico voleva essere Carlo Marx, nella sua vocazione umanistica e nella sua esigenza di liberazione dell’umanità, al di là delle indicazioni politiche e soprattutto delle sue traduzioni aberranti e disumanizzanti.
Psicosi e Arte
Pubblicato da redazione
Fonte: “Psicosi e Arte” Mario Mulè
“ S’era veduta assaltare nel silenzio da uno strano terrore improvviso, che le mozzava il respiro e le faceva battere in tumulto il cuore… allora la compagine dell’esistenza umana… priva di senso, priva di scopo le si squarciava per lasciarle intravedere in un attimo una realtà ben diversa… impassibile e misteriosa, in cui tutte le fittizie relazioni consuete di sentimenti e di immagini si scindevano, si disgregavano…”
“ Le avveniva spesso, meditando, di fissare lo sguardo sopra un oggetto… a poco a poco, quell’oggetto le s’imponeva stranamente; cominciava a vivere per sé… e si staccava da ogni relazione con lei stessa e con gli altri oggetti intorno.”
“ Certe volte, innanzi allo specchio… alzava una mano nell’incoscienza; e il gesto le restava sospeso. Le pareva strano che l’avesse fatto lei. Si vedeva vivere… si assomigliava ad una statua di antico oratore ( non sapeva chi fosse ) veduto in una nicchia…”
“ In quell’attimo terribile… provava tutto l’orrore della morte e con uno sforzo supremo cercava di riacquistare la coscienza normale delle cose, di riconnettere le idee, di risentirsi viva.
Ma… a quel sentimento solito della vita non poteva più prestare fede… sotto c’era qualcos’altro, a cui l’uomo non può affacciarsi se non a costo di morire o di impazzire.”
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Se provassimo a sottoporre la descrizione di queste esperienze ad uno psichiatra, chiedendogli di formulare una prima ipotesi diagnostica, molto probabilmente sospetterebbe un disturbo di Depersonalizzazione ( F 48.1 del DSM IV ).
Potrebbe aggiungere che tale disturbo può costituire una sindrome a sé stante, oppure ( seguendo le istruzioni del DSM ) potrebbe far parte di una sintomatologia riferibile a schizofrenia, disturbo di panico o altro disturbo dissociativo.
Se di formazione fenomenologia, probabilmente penserebbe alla “ perdita dell’evidenza naturale” descritta da Blankenburg.
Il clinico tuttavia dovrebbe ancora tenere conto dell’avvertenza del DSM, che ci avvisa che “ la depersonalizzazione è un’esperienza comune, e questa diagnosi dovrebbe essere posta solo se i sintomi risultano sufficientemente gravi da causare marcato disagio o menomazione nel funzionamento”.
In realtà non si tratta di materiale clinico, ma di frammenti di un romanzo di Pirandello, dal titolo “ Suo marito”. E’ la descrizione di vissuti di una scrittrice, che i critici del tempo hanno identificato in Grazia Deledda, ma verosimilmente appartenenti allo stesso Autore, che già negli anni giovanili si soffermò a lungo a riflettere sulla propria poetica, definendola “ umoristica” e indicando nel fenomeno della depersonalizzazione ed in quello della dissociazione ( da lui intesa come analisi minuziosa e spregiudicata di tali vissuti ) i momenti fondamentali.
Mindfulness e Psicoterapia
Pubblicato da redazione
Fonte: Recensione e commento a “Mindfulness e Cervello” (2009) di D. Siegel a cura di Vito Petruzzellis
Le considerazioni qui riportate prendono spunto dalla sollecitazione espressa da Siegel nel suo ultimo volume “Mindfulness e Cervello” (2009), sulla utilità di integrare la meditazione all’interno delle pratiche psicoterapeutiche.
Questa problematica è affrontata da Siegel a partire dal racconto della sua esperienza diretta di partecipante ad una esperienza di pratica meditativa, e attraverso l’approfondimento delle questioni in un modo scientificamente fondato.
Offre così la possibilità non usuale di assistere al confronto tra il Siegel scienziato e terapeuta ed il Siegel persona, con le sue particolarità, le sue difficoltà, ed anche il suo bisogno di relazione e di conoscenza.
Provo a sintetizzare.
La concettualizzazione di Siegel si muove intorno a due cardini basilari del funzionamento mentale:
l’ integrazione mentale e la consapevolezza mindful.
L’autore sostiene infatti che la mindfulness, – orientamento scientifico che si richiama alla tradizione meditativa Vipassana, derivante dalla tradizione buddhista Thervada, integrata con la psicologia cognitiva di Aaron Beck – si rivela in grado di favorire le funzioni integrative della mente sia in ambito fisiologico che patologico.
Per descrivere le caratteristiche dell’ integrazione mentale fa ricorso alla metafora della ruota.Nel senso che i raggi rappresentano i tanti e diversi canali percettivi, mentre il mozzo ha la funzione di connetterli centralmente con le emozioni, i pensieri, le conoscenze, integrando i diversi aspetti propri della coscienza individuale e mantenendo al tempo stesso un asse di stabilità e di coerenza unitaria. Continua..
Resilienza e Corporeità
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Fonte: “RESILIENZA e CORPOREITA’ ” a cura di Vito Petruzzellis (Relazione presso l’Istituto di Psicologia Funzionale Corporea del 29/11/08)
RESILIENZA E SALUTOGENESI
Resilienza è un termine che ha assunto un significato complesso in campo psicologico, in riferimento ai meccanismi che rendono possibile il superamento di condizioni ed eventi esistenziali particolarmente difficili.
Deriva dalla radice latina “resilire=rimbalzare”, indicante la durezza del metallo nel resistere ai colpi e riprendere forma.
Più di recente, in lingua inglese (resilience) è diventato un termine per indicare una reazione positiva alle esperienze avverse, soprattutto ai traumi psicologici in età evolutiva. Continua..
Epistemologia gruppoanalitica e articolazione dei setting terapeutici in un DSM
Pubblicato da redazione
Fonte: “Epistemologia gruppoanalitica e articolazione dei setting terapeutici in un DSM” di Nicoletta Della Torre, pubblicato in www.rivistaplexus.it
IL CAMMINO PERCORSO
I “primi passi” nella relazione d’aiuto:”scontro” con la complessità del lavoro sociale e clinico
Sono arrivata alla formazione in Gruppoanalisi dopo molti anni di lavoro “in prima linea” nel sociale, attraversando la formazione in DanzaMovimentoTerapia Espressivo-Relazionale con il dr. V. Bellia e un’esperienza personale di psicoterapia gruppoanalitica.
Ho cominciato durante gli anni universitari a “mettermi in gioco”, riuscendo spesso a sperimentare il positivo innescarsi di un circolo virtuoso tra motivazione allo studio e all’approfondimento teorico ed entusiasmo e curiosità nelle prime esperienze lavorative nel variegato mondo delle cooperative sociali. Nei tredici anni ormai trascorsi di lavoro in ambito sociale, educativo, psicologico, clinico e riabilitativo, ho cumulato esperienze “sul campo” come operatrice, come psicologa e come danzamovimentoterapeuta-psicologa, vivendo la possibilità di confrontarmi con vari contesti, sia ambulatoriali che residenziali, e con molteplici tipologie di utenti, per lo più con progetti a tempo limitato, fino a quello che da quattro anni è la mia principale attività presso un Istituto Clinico Riabilitativo per il trattamento multidisciplinare dei disturbi del comportamento alimentare e dell’obesità. Continua..