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Modello cognitivo del DBP

Fonte: “I disturbi di personalità. Modelli e trattamento” a cura di Giancarlo Dimaggio e Antonio Semerari, Editori Laterza

 Tratto dal Capitolo IV di Donatella Fiore e Antonio Semerari

Variabilità ed eterogeneità sono caratteristiche patognomoniche del Disturbo Borderline di Personalità (DBP). Per variabilità s’intende che nessun tratto è sempre presente, che periodi di sofferenza oscillano con fasi di benessere e buon adattamento sociale e che un quadro clinico grave può cambiare rapidamente per un efficace intervento.terapeutico o per un evento favorevole. L’eterogeneità deriva dal fatto che,essendo necessari cinque criteri su nove per la diagnosi, è possibile che due soggetti ricevano la stessa diagnosi, condividendo un solo criterio. Ciò ha posto in discussione l’esistenza del disturbo come unità nosografica autonoma (per seguire lo sviluppo di questa discussione si veda Maffei, 1993; Paris, 1993 e, più recentemente; GundeIson, 2001). All’interno di questo problema e della più generale controversia sulla classificazione dei DDPP (dimensioni, categorie o prototipi alcuni autori hanno sottoposto al vaglio della ricerca empirica la relazione tra i criteri diagnostici del disturbo per verificarne la coerenza, l’omogeneità interna e il potere discriminatorio per la diagnosi.

Uno dei modi per valutare la presunta vaghezza dei criteri consiste nel sottoporli a studi di analisi fattoriale al fine di identificare empiricamente le componenti significative (Sanislow, Griloj’ McGlashan, 1999).

Riportiamo i principali studi in questa direzione. Usando i criteri del DSM-III ,Rosembergere Millero(1983), mediante interviste strutturate a un campione di 106 individui, hanno identificato due fattori principali, uno per i disturbi d’identità e delle relazioni interpersonali e l’altro per la regolazione del comportamento e degli affetti. Due studi (Clarkin, Hull, Hurt, 1993; Sanislow, Grilo, McGlashan, 1999) hanno sottoposto ad analisi fattoriale i criteri del DSM-Ill R. Il primo, applicato ad un gruppo di 75 donne ospedalizzate, ha riscontrato che circa 1′80% degli individui con diagnosi di DBP mostravano una combinazione di tre fattori: problematiche interpersonali e,dell’identità; disturbi affettivi incluse le tendenze suicidarie, impulsività. Anche Sanislow ha identificato tre componenti: disturbi delle relazioni (instabilità relazionale, identità disturbata, sentimènto cronico di vuoto); disregolazione comportamentale “(impulsività, comportamenti.,suicidari, atti autolesionistici); disregolazione affettiva (instabilità affettiva, rabbia, paura di abbandono).

I due studi individuano in sostanza gli stessi tre fattori, con la differenza dei comportamenti suicidari inclusi rispettivamente all’interno dei disturbi dell’ affettività e all’interno dei disturbi del comportamento.

Altri due contributi (Fossati, Maffei, Bagnato, Donati, Namia, Novella, 1999; Wilkinson-Ryan, Westen, 2000), hanno utilizzato i criteri del DSM-IV. Fossati et al. hanno condotto lo studio su un gruppo di 564 pazienti, valutando il potere discriminatorio dei criteri mediante correlazioni item-diagnosi e item-totale. il modello dimensionale è stato testato mediante analisi fattoriale confermatoria ed il modello catégoriale mediante analisi delle classi latenti. I risultati individuano una gerarchia del potere discriminatorio dei criteri: l’instabilità interpersonale e il disturbo dell’identità hanno maggiore specificità e sensibilità diagnostica, la paura dell’abbandono ha minore accuratezza. Questo studio, inoltre, confermerebbe l’ipotesi del DBP com’e costrutto categoriale, anche se evidenzia come alcune caratteristiche temperamentali, quali la disregolazione della rabbia e l’impulsività, siano distribuite dimensionalmente.

Il disturbo dell’identità è stato esaminato da Wilkinson-Ryan e Westen (2000). Lo studio, condotto su 91 pazienti mediante uno strumento con 35 indicatori di identità disturbata individuati dagli autori in base alla letteratura clinica, ha evidenziato che il disturbo dell’identità è una caratteristica distintiva .dei pazienti Borderline, a volte associata a pregressi abusi sessuali. Ne hanno identificato quattro fattori: la tendenza a definirsi in termini di singolo ruolo o causa; la presenza di stati d’incoerenza spaventata (senso soggettivo di mancanza di’coerenza); l’oggettiva incoerenza di pensiero, sentimento e comportamento; la carenza di impegno.

Da queste ricerche emerge un quadro del disturbo meno eterogeneo del previsto. Alcune (Fossati, Maffei, Bagnato, Donati, Namia, Novella, 1999) portano prove a sostegno dell’ipotesi categoriale.,Nonostante le sue vicissitudini, il concetto di Borderline mantiene la sua identità nosografica sui tre assi del disturbo dell’identità e delle relazioni, del discontrollo degli impulsi e della disregolazione affettiva. La variabilità è appunto un aspetto patognomonico di questa entità clinica, non una prova della sua inconsistenza. Sono necessari modelli dinamici che riducano il grado di imprevedibilità legato a tale caratteristica del disturbo. In questa direzione ci muoveremo nel corso del capitolo, cercando di legare in un unico modello le interazioni tra deficit di metarappresentazione, stati mentali e cicli interpersonali problematici. Nella nostra analisi, inoltre, considereremo alcune credenze metarappresentative di

rilievo (ad esempio «quello che penso non ha valore») e vedremo come esse possano contribuire a mantenere i deficit di metarappresentazione, in particolare il deficit d’integrazione.

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