Le Tecniche della Liberazione
Pubblicato da redazione
Fonte: “Una rilettura de “Le tecniche della liberazione” di Sergio Piro, Feltrinelli, ‘71 ” a cura di Vito Petruzzellis
Le tecniche della liberazione, con sottotitolo “Una dialettica del disagio umano” non è il volume più importante di Sergio Piro ma è quello che gli ha dato maggiore notorietà, anche presso un pubblico di non addetti ai lavori.
Forse per il taglio accessibile e prorompente, veicolato da un linguaggio diretto e “militante” che gli conferiva una particolare forza esplicativa.
Quelle analisi ebbero un ruolo di orientamento e trainante per schiere di psichiatri, di operatori della salute mentale e di appartenenti a vario titolo al variegato movimento di rinnovamento psichiatrico. Esse furono lucidamente anticipatrici e offrono tuttora una serie di indicazioni e di stimoli importanti, in riferimento alle contraddizioni dell’oggi ed al grande bisogno di strumenti di comprensione e orientamento nel campo della salute mentale.
Il processo di liberazione, nella definizione volutamente un pò provocatoria di Piro, era finalizzato a sviluppare una “consapevolezza dialettica ” delle problematiche psicologiche e del loro legame con le prime esperienze formative, con i condizionamenti ambientali e con gli accadimenti esistenziali.
Un percorso di progressiva “presa di coscienza”, destinato dunque a procedere contestualmente e unitariamente sia sul versante individuale che sociale. (p113 Le t.d.l.)
Piro distingue tra “contraddizioni esterne e interne”. Nelle prime (legate a situazioni oggettive, ad eventi esterni) l’individuo rappresenta uno dei poli della contraddizione nella sua interezza e di esse ha più facilmente conoscenza dialettica.
La contraddizione interna o psicologica è collegata, schematizzando al massimo, al contrasto tra una istanza interna definita linea arretrata, che direttamente prolunga la norma sociale esterna, e una linea propulsiva, anch’essa derivata dal sociale, ma diretta a promuovere l’autonomia e la non dipendenza della persona.(p.35). Questo porta alla formazione di polarità contraddittorie intrapsichiche.
Il potere “nevrotizzante” è legato non tanto a questa contraddittorietà, che è sempre presente in quasi tutte le situazioni reali, quanto al fatto che essa rimanga non chiaramente compresa. Lo stesso vale per le norme sociali, intese come insieme polimorfo e contraddittorio di istruzioni, collegato al contesto sociale allargato(p.34).
Nella sovrastruttura culturale e ideologica nella quale l’individuo è immerso, sono infatti identificabili due tendenze contrapposte, denominate appunto “linea avanzata” e “linea arretrata”, costituite ciascuna dal complesso di elementi “riferibili ad una concezione del mondo, a una concezione dell’uomo, ad una serie di norme, precetti e abitudini, a un determinato modo di considerare l’educazione, la libertà, il sesso, i rapporti tra gli uomini, la religione, la politica, l’economia, etc.” (pag.54)
Nel processo di trasposizione nell’individuo di queste due linee sociali è fondamentale l’intervento dei tramiti mediativi ( rappresentati da famiglia, scuola, lavoro, strutture sociali) che rendono possibile il passaggio “dalla contraddittoria ideologia della classe e del gruppo sociale, alla contraddittoria ideologia della famiglia, fino all’ideologia contraddittoria del singolo” (p.60)
Le due linee sovrastrutturali del gruppo sociale sono le prime linee formative della personalità del singolo ma una parte di esse, riferita alle contraddizioni più forti e penose, non è oggetto di consapevolezza quando viene impedito il confronto con l’esperienza e la sua chiara e adeguata comprensione.
Questo ambito di “non consapevolezza” si formerebbe allora per una violenta pressione sociale e non per un processo di autorepressione individuale come ipotizzato nel meccanismo di rimozione freudiano.
I “nodi non risolti”, sono dunque al tempo stesso collegati alla storia ed all’interazione sociale dell’individuo e anche “interni” e in qualche modo “velati” alla sua stessa piena consapevolezza. Infatti nello stesso costituirsi dell’assetto psicologico individuale si infiltrano e si ingranano elementi di contraddittorietà non dialettizzata e quindi di difficoltà a rapportarsi adeguatamente al reale.
L’azione di amputazione e distorsione della conoscenza che ne derivano, porteranno ad affondare questi contenuti “a un livello pre-riflesso (nell’inconscio) costituendo la parte più attiva della linea arretrata del singolo”
(p.66)
D’altra parte la condizione umana di sofferenza psicologica, di nevrosi va riconsiderata anche come una potenzialità positiva, come una persistente contraddizione aperta, “di una lotta in atto” “rispetto a coloro che sono in condizione di resa” (p.100) in quel quadro generale di resa umana descritto da Basaglia come “maggioranza deviante”.
Conseguentemente la cura, è un “procedimento di riacquisizione della conoscenza dialettica di contraddizioni interne…… e deve necessariamente comportare una prassi attiva, perché ” la trasformazione è l’unica verifica possibile di ogni conoscenza reale” (p113)
“I metodi e le tecniche che sono volte a risolvere contraddizioni esterne …..possono provvisoriamente definirsi come tecniche di prassi attiva. Quelle che sono invece volte a a risolvere contraddizioni interne possono essere definite come tecniche storico-analitiche”(p.120)
L’aiuto terapeutico serve a sostenere e favorire il processo di liberazione, nel senso di aiuto adeguato al superamento degli ostacoli che lo bloccano.
Di tali contraddizioni l’individuo può acquisirne piena coscienza riflessiva (cioè coscienza che analizza se stessa come oggetto), condizione sovrapponibile al “principio di realtà” freudiano.
“…….. un processo dialettico di liberazione che non eliminerà né la sofferenza né la lotta dell’uomo, ma lo renderà dialetticamente consapevole” (p.90).
E’ decisiva la prospettiva che attraverso la contrapposizione pratica, e si può aggiungere, anche attraverso il lavorìo di confronto, di trattativa, di negoziazione’, possano maturare processi di costruzione progressiva di una soggettività più aperta, più consapevole, più dialettica, più capace di accogliere differenti prospettive, quindi più attivamente inserita nella rete di collegamenti sociali.
E’ dunque lo sforzo di contrasto, di confronto, di cambiamento, che aiuta a riportare in piena luce di comprensione entrambi i poli delle “contraddizioni sociali interiorizzate”, reali e fantasmatiche.
La liberazione è dunque un processo attivo, di progressiva consapevolezza, destinato a durare tutta la vita., indirizzato allo sviluppo delle capacità di poter decidere e scegliere più liberamente il proprio percorso di vita.
Queste considerazioni portavano Piro a porre le tecniche della liberazione in una prospettiva educativa e sociale più ampia, (che poi l’A. avrebbe sviluppato nel filone di antropologia trasformazionale) e dunque oltre i limiti e i condizionamenti dell’impostazione e dell’organizzazione medico-sanitaria.
In questo senso parlava della psichiatria come “caso particolare”, aspetto limitato e specifico di una vicenda assai più ampia e complessa.
Vito Petruzzellis
psichiatra Cefalù
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